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Di padre in figlio. Il calcio si è perso e non ce ne siamo accorti

(Fonte foto: since1900.it)

Non mi ero accorto di niente, giuro, proprio non me ne ero reso conto, ma qualche giorno fa mi sono trovato coinvolto in una discussione con mio figlio, una chiacchierata di quelle che sembrano avere poca importanza ed invece man mano che si parlava la faccenda si faceva seria e, per me, drammatica, sportivamente parlando.

Mio figlio che ha 17 anni mi ha chiesto se a mio avviso il PSG nella prossima Champions sarebbe riuscita a portarla a casa… “È incomprensibile che con tutti quei nomi in squadra non la vincano mai!” asseriva lui. Io sono sempre molto distaccato da quel tipo di calcio quindi gli ho dato una risposta veloce, molto distaccata appunto, gli ho detto che non ero molto interessato all’argomento, che la filosofia del calcio basato sui grandi nomi di giocatori non mi attira e che se non gioca il MIO TORO proprio non vengo minimamente coinvolto dall’evento. “Seeeeee… ma quello è un altro calcio!”… “QUELLO È UN ALTRO CALCIO” la sua risposta.

Il mio pensiero a quel punto si è focalizzato su alcuni punti, ad esempio mio figlio ha conosciuto il calcio delle pay, quindi è cresciuto con la spettacolarizzazione estrema degli eventi per mezzo delle tv che hanno dovuto creare eroi all’interno delle squadre, hanno dovuto creare un Olimpo dove mettere quei nomi. Tuttavia con il tempo ed il bisogno di vendere pacchetti tv, gadget e creare singoli campioni per alimentare questo meccanismo, il calcio è scomparso, si è trasformato. Non vince più la squadra ma vince CR7, LEO MESSI, NEYMAR e così via , storpiando di per sé la logica del calcio.

Il passaggio fondamentale è proprio questo, il calcio come lo hanno conosciuto le generazioni più anziane e il calcio conosciuto dai più giovani con gli interessi economici attuali.

La tendenza attuale è quella di dare precedenza a chi paga, agli sponsor, a chi può garantirti un guadagno, quindi si cerca di mettere in evidenza il grande campione che si ingoia tutta l’attenzione dei più giovani, fino a divenire praticamente l’unico attore in scena e riducendo a comparse tutti gli altri giocatori. Il calcio era l’esaltazione del gruppo, la capacità di creare una squadra di uomini che inseguivano un obiettivo aiutandosi e sostenendosi. Platini non sarebbe potuto esistere senza Bonini. Oppure il Verona di Bagnoli ..TUTTI PER UNO MA ANCHE UNO PER TUTTI… Fontolan o Volpato valevano tanto quanto Elkjaer e comunque nonostante ci siano sempre state delle prime donne nelle squadre, il rapporto di monopolizzazione dell’attenzione da parte dei media nei confronti di pochi giocatori a discapito delle squadre non è mai stato così sproporzionato.

L’effetto di personalizzare così il calcio in questo modo sta letteralmente snaturando il concetto del pallone e la sua storia cambiandolo profondamente in qualcos’altro di molto meno coinvolgente, perché guardare tutta una partita quando si possono vedere solo gli highlights? Tanto le giocate importanti sono lì… ed invece no! Così si perde la partita che è una cosa più complessa ed affascinate. Si perdono i gregari, come nel presepe, i pastori chi li considera?

L’impressione che traspare e che tutta quella parte legata al gioco, alla partita, sia sacrificabile in funzione di una maggior narrazione a favore del campione di turno, le telecamere che indugiano sugli sguardi del campione, con quanta intensità corre e se si scalda con la giusta intensità, mentre intorno a lui ci sono 2 squadre che fanno le stesse cose ma senza attirare l’interesse dei media. Alla fine il risultato di tutta questa trasformazione pare che porti ad un disinteresse generale da parte delle nuove generazioni che concentrano tutte le loro attenzioni solo verso la partita del campione e non la partita nella sua interezza.

Questo concetto poi si amplifica quando una squadra ingaggia più “fenomeni”, allora davvero l’attenzione mediatica si riversa tutta lì. A questo punto però arriviamo al PSG, contenitore di grandi campioni di share ma poco vincenti in campo, forse perché troppo impegnati a curare interessi personali più che a cercare il feeling sul campo tra loro per il bene della squadra.
Da anni si osserva un’altra trasformazione, ossia ”la tutela del campione” ha castrato il gioco maschio del calcio ,da sempre sport di contatto e anche rude in certi frangenti ,è stato depotenziato, reso un figlio minore del calcio giocato da Benetti, Gentile o Danova per non dire Bruno, Annoni, Policano…
Certo è che il calcio con cui stanno crescendo i giovani è davvero un’altra cosa rispetto a quello che ci ha cresciuto noi più grandi ,ma a quanto pare sembra essere anche molto più sterile in fatto di emozioni, si ricorre alla costruzione di fenomeni quando basterebbe rincorrere un pallone, anche solo per potere far pensare ai ragazzi che a pallone si può giocare anche se non si è fenomeni , che un sogno so può coltivare ed inseguire senza per forza affogarlo su FIFA alla play.

Questa è una parte di considerazioni che mi ha stimolato la chiacchierata con mio figlio, ma non è finita , vorrei capire ancora altre cose, ne riparleremo.

Una risposta

  1. Il calcio che noi abbiamo vissuto è morto da tempo, pardon mi presento, Gianluca 51 anni. Dicevo che il nostro calcio è morto da tempo e quello che noi viviamo oggi è un’altra cosa che continuiamo a seguire perché manca il coraggio di staccare la spina. Siamo cresciuti giocandolo per strada e ascoltandolo alla radio per poi vedere i gol la domenica sera e forse un tempo della squadra del cuore. Oggi il calcio che vivono i giovani è un’altra cosa, più smart, non riescono a seguire la partita per 90 minuti. Noi, quando avevamo la possibilità di vedere la partita in tv organizzavamo la giornata in base a quello. Decidevamo dove vederla e con chi, magari far la spesa ed organizzare la cena che per non distrarci dalla partita doveva per forza terminare prima del fischio d’inizio. Oggi vedo amici delle mie figlie entrare a casa mia mentre guardo l’Inter che, a loro volta interisti, mi chiedono:”contro chi giochiamo?”. Contro chi giochiamo? Io alla loro età sapevo pure se Zenga o AldoSerena avevano fatto pranzo!
    Il calcio è un morto che cammina , i giovani lo seguono di riflesso dai loro genitori, hanno le pay TV perché le vogliono i padri, loro guarderebbero tranquillamente il risultato sul telefonino.
    Per me il PSG, CR7 ecc ecc sono l’altro calcio, quello lontano e poco interessante. Il calcio vero per me,per noi, è ancora il nostro che ci ha rapito il cuore da bambini. Il romanticismo se n’è andato da un po e noi con la nostra passione teniamo in vita il ricordo di esso. Con noi se né andrà questo sport, perché i Psg e CR7 in fondo non hanno rubato il cuore di nessuno, nemmeno dei giovani che ne hanno subito solo il bombardamento alimentato da noi malati del calcio che fu.

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