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Una “vecchia” abitudine

(Fonte foto: Il Messaggero)

La brutta abitudine di barare al gioco evidentemente è insita nel DNA italiano. Ci riferiamo a ciò che sta succedendo nel campionato di calcio, dove, ancora una volta, si è abbattuta la scure della giustizia sportiva, infliggendo alla “Vecchia Signora”, la Juventus, una penalizzazione di 15 punti in classifica, colpevole di una gestione illecita nella compravendita di giocatori, al punto da violare l’articolo 31, comma 2, del codice di giustizia sportiva, dove viene stabilito che “chi si rende colpevole di violazioni in materia economico-finanziaria e gestionale” rischia conseguenze anche superiori alla penalizzazione in classifica.

Non per difendere il club bianconero, ma facendo una sommaria ricostruzione storica dei più importanti illeciti sportivi dall’inizio della storia dei campionati di calcio ad oggi, corre l’obbligo di precisare come non sia solo la Juventus ad avere dato problemi alla giustizia. Anche altre squadre illustri dal nome meno altisonante, ma pur sempre di primo piano, hanno avuto qualche problema con la giustizia sportiva.

Dobbiamo pensare che i primi episodi di frode risalgono agli inizi del novecento, in un calcio ancora molto dilettantistico dove le norme di una neonata federazione impedivano il pagamento ai calciatori, tutto era ancora agli albori e anche certe malizie.

La prima scorrettezza risale al campionato del 1913 allorquando il presidente del Genoa, un certo Luigi Aicardi, convinse a suon di quattrini due giocatori dell’Andrea Doria (che in futuro insieme alla Sampiardarenese costituirà la Sampdoria) a cambiare casacca ma poi furono scoperti dai tifosi e dalla federazione e scattò, anche allora, una squalifica per tutti.

Nel 1927, invece, lo scudetto vinto sul campo dal Torino fu poi revocato perché durante un derby un atleta della Juve (qui addirittura nel ruolo di vittima) fu corrotto da un dirigente granata ma anche qua la stampa venne a conoscenza del fatto e la federazione fu costretta a prendere il provvedimento di revoca dello scudetto che rimase non assegnato.

Negli anni ’60 invece ci fu il “debutto”, nel campo del nostro sport preferito, del doping e, questa volta, al centro della discussione ci fu il Bologna che dopo un’alternanza di accuse ottenne l’assoluzione, ma con grande fatica e dopo l’intervento della magistratura ordinaria. Come dire corsi e ricorsi.

Saltando in tempi più recenti, nel 1980 furono Lazio e Milan ad avere la parte più importante nel teatrino del calcio scommesse che costò la squalifica a molti giocatori famosi, tra i quali ricordiamo Paolo Rossi, Gianni Rivera, Bruno Giordano e Lionello Manfredonia, insieme a tanti, tantissimi altri.

Qui tutto iniziò in un ristorante romano dove convenivano allibratori che scommettevano sull’esito delle partite, in un periodo in cui, ricordiamolo, l’unico gioco previsto dalla legge era il Totocalcio e la malavita non si accontentava di pure e semplici scommesse ma coinvolsero a suon di quattrini e di estorsioni alcuni giocatori per portare a casa il bottino.

Fu un burrascoso terremoto, ma nel 1982 la nazionale italiana vinse i mondiali in Spagna anche grazie ai goal di Paolo Rossi, che di quel campionato iridato fu il capocannoniere con 6 reti e una amnistia capitata a puntino cancellò con un colpo di spugna la memoria di noi calciofili e le pene inflitte dalla procura.

Poi nel 2006 l’inchiesta giudiziaria denominata  “Calciopoli”, dove la “Vecchia Signora” fu assolutamente la protagonista indiscussa di illeciti che violavano addirittura l’articolo 1 del codice di giustizia, nel comma sulla lealtà sportiva, grazie all’operato di Luciano Moggi, che chiuse addirittura, in un episodio, il giudice di gara Paparesta insieme ai suoi assistenti negli spogliatoi a fine partita, generando di fatto un comportamento violento e assoggettante verso coloro che non assecondavano i dettami della società bianconera.

Quindi revoca del titolo 2004-2005, non assegnazione dello scudetto nel 2006, Serie B con 9 punti di penalizzazione, e un bell’elenco di società, dirigenti e calciatori di serie A e B coinvolti, a tal punto che, come nel 1980, per ricordarli tutti ci vorrebbe uno spazio quasi infinito. Questa vicenda segnò la fine della carriera di Luciano Moggi, all’epoca direttore sportivo della Juventus, per il quale fu richiesta addirittura la radiazione.

Anche qui nel 2006 la nazionale si impose nel campionato del mondo in Germania vincendo il titolo, di nuovo quindi memoria collettiva cancellata come se non fosse successo niente, ma fortunatamente nessuna amnistia.

E veniamo ad oggi, di nuovo la Juventus al centro della scena, questa volta con l’accusa di avere alterato il valore di mercato di alcuni giocatori in modo sistematico e per diversi campionati presi in esame, al fine di creare una condizione finanziaria e contabile tale da far quadrare i conti ed operare al meglio sul calciomercato, acquistando i calciatori migliori disponibili.

Da qui l’accusa contestuale di falsificazione delle scritture contabili insieme a vari altri reati relativi alla quotazione borsistica della società. È un work in progress, vedremo cosa succederà, certo è che stiamo parlando della azienda che ha i legali migliori e meglio pagati d’Italia e, di solito, si sa come vanno certe cose. Anche in Premier League sta avvenendo qualcosa di paragonabile, il Manchester City sta attraversando un momento simile a quello della Juventus, vediamo come si comporterà la giustizia sportiva britannica, con le società inglesi più importanti che chiedono a gran voce la retrocessione d’ufficio, se oltre manica i tribunali sportivi saranno spietati o meno e quali provvedimenti adotteranno e se ci sarà poi il ricorso come in Italia alla magistratura ordinaria.

Quindi la “Vecchia Signora”, qualora dovessero essere confermati gli illeciti sportivi, sarebbe protagonista di una gestione illecita, cosa ancor più grave se considerata anche la recidività storica. Infatti dagli anni duemila in poi, il club bianconero si è mosso “abilmente” in quella sorta di bolla finanziaria-contabile, che è parte del mondo del calcio di oggi, con gravi sviluppi legati alla necessità impellente di far quadrare i bilanci, divenuti insostenibili e molto pesanti durante il periodo di pandemia, con gli stadi chiusi e lo stop al calcio giocato… soprattutto per chi aveva ingaggiato giocatori dai compensi elevatissimi.

Povero campionato e poveri noi malati di calcio, ancora una volta rischiamo di vedere sgretolata la credibilità del nostro sport preferito, già ampiamente vacillante dopo i mondiali in Qatar. Dopo i finti spettatori pagati dalla federazione qatariota per vedere le partite, dopo i tantissimi soldi e i morti per l’organizzazione del mondiale in uno Stato che non sa nemmeno cosa sia un campionato di calcio, adesso assistiamo ad un’altra potenziale truffa che macchia indelebilmente il nostro calcio nazionale.

Le conclusioni che dobbiamo trarre è che ormai siamo spettatori di uno sport finto, come e forse  più di un wrestling qualsiasi, di un calcio imprigionato forse irreparabilmente in cattive gestioni imprenditoriali, alcune storiche, come quella dei bianconeri di Torino, altre provenienti dall’estero in maniera non sempre trasparente, dove imprenditori cinesi o americani, da privati o da gestori di  fondi di investimento, si appropriano di nostre società calcistiche di rilevanza nazionale per arrivare a sfruttarne la redditività economica e le proprietà immobiliari collegate, per poi abbandonarle al loro destino.

Questo è quello che rischiamo, le inchieste sulla regolarità della gestione delle squadre di calcio sono appena iniziate e saranno portate avanti dalle procure di diverse città. Ne vedremo delle belle.

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