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Anche i ricchi piangono

Foto: Nasser Al Khelaifi (Fonte: en.psg.fr/club/nasser-al-khelaifi)

L’economista statunitense Richard Easterlin nel 1974 teorizzò, aggrappandosi a concetti aristotelici, “Il paradosso della felicità”, secondo il quale la felicità delle persone dipende in minima parte dalla variazione del reddito e, dunque, dalle condizioni di ricchezza. Secondo l’economista americano, infatti, quando aumenta il benessere economico, la felicità individuale in effetti aumenta in maniera progressiva, ma solo fino ad una certa soglia, prima di ridursi altrettanto progressivamente. Graficamente la curva della felicità in base al reddito appare, secondo il paradosso della felicità, come una U rovesciata. Con questo teorema Easterlin voleva dimostrare come l’idea di misurare la felicità di un Paese a seconda della crescita del PIL nazionale fosse una visione fuorviante della realtà del Paese.

Con una forzatura – forse non tanto tale – potremmo utilizzare il paradosso della felicità anche nel calcio. Infatti c’è chi anela l’arrivo di uno sceicco che possa far competere la propria squadra per traguardi ambiziosi e c’è chi contesta lo sceicco proprietario del club per cui fa il tifo, per via degli scarsi risultati raggiunti dalla propria squadra. Questa riflessione giunge a seguito dei fischi di quasi tutto il Parco dei Principi rivolti a totem del calcio mondiale come Messi e Neymar, nella gara che il PSG ha giocato e vinto contro il Bordeaux per 3 a 0. Ma oltre ai fischi alle due star succitate, è partita anche la contestazione al direttore tecnico parigino Leonardo e al patron qatarino Al Khelaifi. L’ennesima eliminazione dalla Champions League subita dal Paris Saint Germain giunto solamente agli ottavi di finale, quando tutti i tifosi e gli addetti ai lavori davano la squadra di mister Pochettino tra le favorite alla vittoria finale, ha fatto esplodere il bubbone in seno alla tifoseria organizzata del club parigino. Nella notte tra il 13 ed il 14 marzo, infatti, sia presso il centro sportivo del PSG, Parc des Loges, che al Parco dei Principi, come riferisce Le Parisien, sono apparse scritte e insulti indirizzati ai giocatori e alla proprietà del club. Tra questi troviamo “Paris c’est nous”, ovvero Parigi siamo noi, oppure “Paris jamais Qatari” – Parigi mai Qatar, dedicati a Nasser Al Khelaifi e a Leonardo, invitati ad andare lontano dalle nostre terre.

È dunque evidente che non basti il denaro per far grande una squadra, non occorrano montagne di petroldollari per rendere orgogliosi i propri tifosi, soprattutto se poi le campagne acquisti faraoniche portate avanti dalla dirigenza qatarina producono negli anni solo vittorie di campionati come la Ligue1 – non di certo tra le competizioni europee più combattute e avvincenti – o qualche coppa di Lega. Come tutti sappiamo il Paris Saint Germain è una squadra stellare che annovera nella propria rosa campioni del calibro di Messi, Mbappé, Neymar, Icardi, Di Maria, Marquinhos, Donnarumma, Verratti, Sergio Ramos, Hakimi, Paredes, e sotto la Tour Eiffel, sotto la gestione di Nasser Al Khelaifi ne sono passati tanti altri come Cavani, Ibrahimovic, Lavezzi o Beckham, giocatori che farebbero e avrebbero fatto invidia a mezza Europa. Eppure i parigini non riescono ad avvicinarsi a vincere la Coppa dalle grandi orecchie. È inutile che Al Khelaifi protesti con la terna arbitrale dopo il triplice fischio del Bernabeu, perché lui deve comprendere che per gestire una squadra di calcio ci vogliono soldi – ed è evidente a tutti che lui li abbia – capacità manageriali, competenze calcistiche e conoscenze dell’ambiente calcistico in cui si va a lavorare. Su questi ultimi tre punti sorgono diversi dubbi sul fatto che siano presenti in seno al sodalizio parigino, perché sperperare questa montagna di denaro per tanti anni senza ottenere nemmeno un trofeo in campo europeo sta assumendo per i tifosi dei contorni a dir poco frustranti. Se pensiamo che l’unica vittoria a livello internazionale per la formazione parigina – esclusa la finale Intertoto vinta contro il Brescia nel 2001 e ottenuta sotto la presidenza di Laurent Perpère – risale alla stagione 1995-1996, ben prima dunque dell’avvento del Qatar Sport Investments (QSI) avvenuta nel 2011, rende l’idea di quanto fallimentare sia stata la gestione di Nasser Al Khelaifi. Infatti 26 anni fa il PSG, sotto la gestione di Michel Denisot, allenato da Luis Miguel Fernández, superò nella finale secca di Coppa delle Coppe, presso lo Stadio Re Baldovino di Bruxelles, il Rapid di Vienna, grazie alla rete di N’Gotty al 28’. Da allora non c’è stato più nessun successo europeo sotto la Tour Eiffel. In quella squadra che vinse la Coppa delle Coppe sotto la direzione arbitrale dell’italiano Pierluigi Pairetto, giocavano Djorkaeff, Bravo e Raì, elementi all’epoca sicuramente affidabili, ma non i campionissimi che vestono oggi il PSG di gestione qatarina.

Anche in Italia abbiamo una tifoseria frustrata la quale, nonostante investimenti plurimilionari, non riesce ad andare oltre gli ottavi di Champions League. Il riferimento ovviamente è per la Juventus che ha acquistato Dusan Vlahovic per 75 milioni a gennaio, per poi uscire agli ottavi di finale. Certo, anche l’Inter di Steven Zhang è uscita agli ottavi di finale, ma va considerato che i nerazzurri hanno superato i gironi dopo svariati anni di assenza dalla fase ad eliminazione diretta della massima competizione europea e che, contrariamente al campionato scorso, le sessioni di mercato sono state all’insegna del ridimensionamento.

Allora forse è vero, occorre fermarsi a riflettere e porsi qualche domanda. Cosa occorre alle società, oltre al denaro, per essere un club vincente in un contesto di rispetto delle regole? E cosa occorre alle società, oltre al denaro e ai trofei, per soddisfare i tifosi e regalare loro la felicità? È probabile che i club debbano curare ciò che negli ultimi anni stanno trascurando, ovverosia la tutela dell’identità di squadra e la conservazione dei valori. Orgoglio e appartenenza sono valori che nel calcio teorizzato dai superleghisti non trovano spazio. Sarà dunque davvero la Superlega a regalare la felicità ai tifosi?  

Una risposta

  1. Buongiorno,
    sono Pierluigi.
    Non credo che la superlega regalerà gioie ai tifosi, ma è solo una questione economica.
    La frustrazione del PSG è la stessa della squadra di Venaria, e potrebbe esserlo tra un po’ anche per il City, visto che la squadra gioca bene ma al momento vince solo premier.
    Probabilmente almeno inizialmente, gli unici che potrebbero essere felici saremmo noi del Toro, che non vediamo nulla di vincente (neanche un’idea che ci si avvicina) da tempo.

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