(Fonte foto: Fanpage.it)
Gli effetti della crisi energetica sono arrivati anche negli stadi e la Lega di Serie A tenta di correre ai ripari.
Con la circolare del 2 settembre la Lega ha stabilito, a partire dalla quinta giornata di campionato, le tempistiche di pieno illuminamento dei terreni di gioco e calibrazione dei sistemi GLT e VAR, stabilendo che il lasso di tempo sia fissato in un massimo di 4 ore.
Per le gare diurne l’illuminazione dovrà essere garantita 60 minuti prima dell’inizio della gara, per le gare serali l’accensione dovrà essere garantita 90 minuti prima dell’inizio della gara.
Il problema, non banale, non riguarda l’illuminazione dell’impianto solo per ragioni di sicurezza e ordine pubblico, ma anche per il corretto funzionamento del Var e della Goal Line Technology.
In aggiunta, gli uffici della Lega, insieme al neo-consulente della Serie A per le infrastrutture, si occuperanno di individuare tutte le migliori soluzioni per un efficientamento energetico degli stadi (come il passaggio ai led per tutti gli impianti o l’installazione di pannelli fotovoltaici), nonché per realizzare, in vista dell’inverno, l’ottimizzazione dei consumi di riscaldamento dei terreni di gioco.
Il presidente della Lega serie A Lorenzo Casini lo ha definito un primo passo, come esempio virtuoso in un momento così difficile. Peccato si debba sempre essere messi alle strette per raggiungere un esempio virtuoso.
Eppure in Italia ci sono già impianti come il Dacia Arena di Udine e lo Juventus Stadium di Torino che sono stati realizzati tenendo in considerazione gli aspetti di ecosostenibilità e di risparmio energetico. E se volgiamo lo sguardo oltralpe troviamo in Germania lo storico stadio del Friburgo, che dal 2004 è stato uno dei primi grandi stadi al mondo a dotarsi di pannelli fotovoltaici sul tetto ed ora è stato sostituito da una nuova struttura ancor più efficiente, o ancora in Olanda lo stadio di Amsterdam dedicato a Johann Cruijff, per non parlare della Premier League, da tempo impegnata nelle battaglie in favore dell’ambiente, dove molte squadre si sono impegnate a sottoscrivere il manifesto Sports for Climate Action Framework, promosso dalle Nazioni Unite per impegnare le società sportive nella lotta al cambiamento climatico.
In questa direzione è condivisibile ma sicuramente non facilmente percorribile, visto l’universo dei diritti televisivi, la proposta del ministro dello sport francese Amélie Oudéra Castéra di abolire le partite serali del calcio professionistico per tutta la stagione invernale.
Se guardiamo a casa degli altri, insomma, non dovremmo essere ai primi passi, ma ben più avanti, non dovremmo attendere, a detta del numero uno della FIGC Gabriele Gravina, la candidatura dell’Italia per l’europeo 2032 per avviare il processo sulla ristrutturazione degli impianti o la realizzazione di nuovi. Ma se questi sono i presupposti, non c’è da meravigliarsi se lo stadio Franchi di Firenze verrà riqualificato con i fondi del PNRR, il famoso Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza.
E non c’è da meravigliarsi se ora il presidente della Federcalcio, preoccupato della situazione economica, tira in ballo le società dilettantistiche, impossibilitate a sostenere i crescenti costi delle bollette. Peccato che solo in determinati frangenti ci si preoccupi dei ragazzi che vanno a giocare e dei costi sostenuti dalle famiglie per quello che una volta era un divertimento che si svolgeva tranquillamente in strada.
Qual è il vero cruccio allo stato attuale? Non tanto il settore giovanile, non tanto l’associazionismo, anche se queste sono le motivazioni portate avanti dai vertici del calcio, ma la mancanza di soldi per il calcio dei ricchi, che chiede al Governo, anzi pretende, pari dignità con tutti gli altri settori, in primis le imprese.
Ma se è vero che in media il consumo di uno stadio potrebbe alimentare una piccola città, dal calcio d’inizio fino al fischio finale, forse anziché pretendere di equipararsi agli altri settori, il calcio dei ricchi potrebbe venire incontro alle comuni necessità di risparmio energetico, dimostrandosi meno attendista e più concreto.
David Belli
ha collaborato Isabella Martorelli