(Fonte foto: Il Piccolo di Trieste. Torneo delle Nazioni 2016. Le nazionali U16 di Usa e Iran posano insieme)
Parlare di calcio in questo momento è fin troppo facile perché escono spunti ogni ora, tra le partite dei mondiali e i suoi risvolti politici e la Juve a cui cade il lenzuolo dietro al quale nascondeva i suoi traffici. C’è davvero da sbizzarrirsi.
Invece proviamo qua a parlare di un altro genere di calcio, quello delle donne e, soprattutto, mettendo a confronto due mondi diversissimi che qualche punto in comune lo hanno avuto.
A distanza di quasi 48 ore dalla sfida vinta dagli USA contro l’Iran, valida per il passaggio agli ottavi di finale del campionato mondiale, la regia ha mostrato sugli spalti pubblico femminile, oltre che maschile, di entrambe le nazionali… cosa normale per gli USA, un po’ meno per il popolo iraniano che, su questo tema, sta vivendo un momento assai controverso e pieno di tensioni sociali. In Iran ad oggi le donne per legge non possono entrare negli stadi e le rarissime volte che è capitato sono sempre state messe in atto regole severissime e molto discriminanti nei loro confronti. Negli ultimi anni si ricordano due sole occasioni in cui sono potute entrare allo stadio: nel 2018 contro la Bolivia poche decine di donne sono state ammesse all’interno e poi, nel 2019, contro la Cambogia “addirittura” 3500 donne hanno potuto assistere alla partita di qualificazione ai mondiali in QATAR.
Loro, le donne, potevano stare in un settore a loro riservato, defilato e protetto da tende in modo che restassero nascoste agli sguardi degli uomini presenti nello stadio Azadi, come se già non bastassero veli e abiti ai quali vengono “invitate“ a ricorrere (Azadi significa “libertà”, ma viene difficile associarlo come nome di questo impianto sportivo), come costrette a sentirsi in colpa della loro presenza. Dopo questa occasione sono tornati i divieti e lo stadio è tornato ad essere territorio solo degli uomini.
In un’epoca in cui lo sport femminile cerca strade per emergere e auto affermarsi torna davvero difficile pensare ad un campionato di calcio femminile iraniano e anche ad una nazionale, ed invece qualcosa c’è, tra mille regole, divieti e restrizioni, qualcosa c’è.
Il movimento calcistico femminile iraniano è nato attorno alla metà degli anni sessanta, un decennio prima ad esempio del movimento statunitense, che solo dopo il 1972, con la messa al bando della discriminazione di genere, poté muovere i primi passi. L’evoluzione e la crescita del movimento femminile calcistico iraniano subì una battuta d’arresto (come buona parte della vita di quella nazione) con la rivoluzione Khomeinista del 1979, da quel momento fino al 2005 il calcio femminile venne sospeso per poi riprendere solo in forma di futsal, poiché le donne poterono riprendere a giocare al chiuso, lontano dallo sguardo degli uomini.
Pare che però le donne iraniane fossero molto interessate al calcio, come racconta Katayoun Khosrowyar, iraniana di famiglia, ma nata e cresciuta nel 1987 in Oklahoma, dove ha potuto studiare, fare sport e giocare a calcio liberamente salvo poi rientrare per una vacanza in Iran e rimanerci per 15 anni. Lei è una delle “icone” del calcio femminile iraniano, cominciò a giocare nelle partite di futsal e, grazie all’esperienza di calciatrice maturata negli USA, diventa figura importante per la ricostruzione di un movimento calcistico femminile. Nel 2005 si contavano 20 giocatrici ufficiali di futsal che venivano regolamentate dal Comitato Futsal nato nel 1997, ma il calcio femminile restava una questione pericolosissima da affrontare in una nazione che aveva vietato anche la visione delle partite alla tv per le donne e che solo nel 1987 Khomeini aveva concesso.
Ad oggi le donne che vogliono fare calcio in Iran devono passare attraverso difficoltà e sacrifici sperando di poter arrivare un giorno a potersi allenare e competere con le loro colleghe ad armi pari e senza subire repressioni o minacce cosicché un milione e mezzo di donne, pare che tante siano le interessate a questo movimento, possano vivere la loro passione senza timore.
Come già detto, negli Stati Uniti il movimento calcistico femminile è nato una decina di anni dopo rispetto a quello iraniano trovando attorno al 1975 terreno fertile nei college e dando così il via ad un processo di sviluppo notevole. L’evoluzione di questo movimento è stata talmente rapida che nel giro di 15 anni ha portato la nazionale americana a vincere i mondiali di calcio, un po’ troppo snobbati dai media statunitensi, che non diedero molta importanza all’evento non trasmettendo la partita in tv. Si potrebbe parlare di discriminazione in quanto squadra femminile e sicuramente ci fu una mancanza di rispetto verso un movimento che aveva scalato le classifiche mondiali.
Il confronto e le battaglie per la parità di diritti in una società servono a crescere culturalmente e a seminare conflitti sociali che troppo spesso vedono le donne come vittime, nel caso del movimento calcistico femminile americano, con il tempo, si è arrivati ad una parità salariale tra uomini calciatori e donne calciatrici, fino a riconoscere la fama guadagnata sul campo a giocatrici come Julie Ertz, Alex Morgan, Megan Rapinoe, per fare degli esempi, eleggendole a vere icone del football mondiale. In Iran invece nel calcio le donne sono venute alla ribalta per le lotte del loro diritto, ad esempio, di entrare negli stadi: Sahar Khodayari è morta dandosi fuoco davanti ad un tribunale di Teheran nel 2005.
Non sono mancati nel tempo veri e propri soprusi ed episodi di abusi su alcune giocatrici americane e qua gli opposti sembrano attrarsi. Quando sono state sporte denunce le indagini furono gestite in modo molto blando, tanto che al termine di alcuni procedimenti e verifiche, i funzionari della Lega e della Federazione vennero accusati di non aver reagito in modo appropriato in molte occasioni di fronte alle lamentele delle giocatrici, a sostegno delle prove.
Negli Stati Uniti il calcio ha vissuto una storia di sviluppo e crescita continua, portando all’emancipazione del movimento e portando la nazionale femminile a stelle e strisce a vincere più titoli mondiali e sopravanzando i colleghi maschi ancora a secco.
Facendo un rapido confronto tra il movimento calcistico iraniano femminile e quello statunitense, non si possono non notare le differenze nei due percorsi fatti, come non si possono non notare i punti in comune ad esempio gli episodi di discriminazione di genere avvenuti sia in Iran che negli USA, con la differenza sostanziale che in America c’è stata una presa d’atto di queste discriminazioni a livello legislativo nel 1972, con la possibilità e gli strumenti per sminare episodi gravi di violenza. Di contro in Iran stiamo assistendo ad una battaglia per il riconoscimento dei diritti delle donne di fronte ad una dittatura che arroccata sui suoi fondamenti a chi chiede pallone risponde con pallottole.