SOLO_LOGO_TRASPARENTE_BIANCO

La partita di Calci(o) “Seconda puntata” – Scendono in campo i professionisti del fallo

(Fonte foto: Iltamtam.it)

Come detto nella prima puntata (clicca qui per prenderne visione), in questi tornei emerge tutta la furbizia e la scaltrezza formata ed allenata in anni di vita, passati giocando a pallone in strada, con porte immaginarie e delimitazioni del campo assolutamente virtuali, i pali segnalati da due sassi o altri oggetti raccattati da qualche parte; il campo “disegnato” sulla forma dallo spazio che ospita la partita e poi… tutto al caso.

Le discussioni più accese solitamente nascevano sui tiri alti, questi venivano giudicati goal o non goal a seconda del metro di giudizio che si sviluppava e mutava durante la diatriba.

In prima battuta entravano in azione i “fanti” più spigliati verbalmente e scaltri con le parole, se riuscivano a mettere spalle al muro i contendenti con argomenti validi avevano vinto e  la  ragione era la loro ma se le loro rivendicazioni non erano convincenti, si poteva discutere davvero per molto tempo. Il tutto avveniva in mezzo ad una ridda di urla, schiamazzi, movimenti frenetici e schizofrenici prodotti dai giocatori delle due squadre che litigavano tra loro, causando un casino bestiale, tutto ciò però non riusciva minimamente a distrarre i due contendenti (la vita disegnava già future carriere, novanta su cento questi avrebbero fatto gli avvocati).

Guardate che era una cosa davvero impegnativa questa, dovevi essere pronto a rinfacciare situazioni avvenute in precedenza, anche giorni prima, serviva buona memoria e poi serviva creare argomenti e difenderli, capire se il portiere aveva toccato, se non aveva toccato, come aveva toccato, davvero complesso. Solo in un caso era gol anche nel dubbio, senza discutere: se la rete scaturiva da una “gran giocata” tipo, una rovesciata o mezza rovesciata, insomma una cosa così, davanti ad una prodezza allora era goal, una concessione all’arte del calcio da strada.

Se però le discussione entrava in una fase di stallo, si facevano da parte gli “avvocati” e la questione poteva finire in mano alle future teste calde, una zuffa e poi una delle due parti cedeva, si placava il tutto e si ricominciava a giocare.

Tornando ai tornei estivi se si pensa che la maggior parte dei giocatori aveva quel tipo di “formazione” ,si può facilmente capire come il tutto potesse trasformarsi, per uno sprovveduto, in un Vietnam sportivo, partite giocate tra colpi proibiti e malizie come gambette, gambagigia, sbracciate, pestoni. Insomma  un inferno.

In questi campionati di periferia le squadre venivano costruite con una logica molto semplice, se il nome era ”Torneo delle Vie” ogni squadra poteva essere formata solo da giocatori che abitavano  in quella via, se invece si giocava il Torneo dei Bar allora le squadre venivano formate dai clienti del bar e via discorrendo.

L’età per partecipare a queste competizioni era compresa tra i 16 e i 60 anni. Si andava a buon senso, l’unico “paletto” era quello di non rischiare la vita.

Per due ore tutti i giocatori perdevano il loro status, tutti sullo stesso piano, disoccupati , ragionieri, geometri, tossicodipendenti, operai per il tempo di una partita sullo stesso piano. Ricordo una volta in cui un ragazzo che era in squadra con me e aveva problemi di tossicodipendenza, fatto come una zampogna, cercava di mettersi le scarpe, solo che non si accorse che stava invertendo le scarpe, la destra nel piede sinistro. L’arbitrò, accorgendosi della situazione, a fine appello disse indicandolo: “CAPITANO…!? lui non gioca oggi”. Noi entrammo in campo lasciandolo negli spogliatoi appisolato e al nostro ritorno la sorpresa fu grande…

… alla terza puntata.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *