SOLO_LOGO_TRASPARENTE_BIANCO

La partita di calci(o) “Quarta puntata” –   Pazzi votati al martirio

(Foto di pixabay.com)

… la realtà fu ben diversa, pareggiammo 4 a 4 la seconda partita, perdemmo 10 a 1 la terza e venimmo eliminati per differenza reti.

Due cose mi sono rimaste nella testa di quella sconfitta per 10 a 1. A noi sarebbe bastato segnare un goal e avremmo guadagnato il passaggio del turno, ma il portiere dell’altra squadra ci negò il traguardo trovandosi letteralmente almeno 4 o 5 volte sulla traiettoria del pallone destinato alla rete.

In un occasione venne colpito da un tiro scagliato al volo da pochi metri in piena pancia, lo ricordo cianotico stramazzato a terra mentre i compagni cercavano di rialzarlo, lui era un uomo sulla cinquantina, muratore siciliano e parlava in fretta, tartagliava e mescolava delle parole di lingua italiana tra una parlata assolutamente sicula, impossibile da capire per chiunque, tranne un suo compagno che gli era amico e dopo aver ascoltato ciò che il malcapitato aveva da dire si girò verso i compagni e disse: dice che ce la fa.

Dopo poco venne ancora colpito da una bordata in piena faccia, lo rimisero ancora in piedi ma era visibilmente intontito, spettinato, con i capelli crespi bruciati dalla polvere che andavano ovunque e mezza faccia rossa, e poi ancora pancia e attributi. Alla fine quelle sue parate casuali ci negarono la gioia di andare avanti e così terminammo quell’ultimo torneo dei bar di Pegazzano, l’ultimo mai giocato, e non sapevamo che non ce ne sarebbe stato un altro. Il povero portiere non si vide in giro per qualche giorno e, una volta tornato al bar, qualcuno avanzò il dubbio che dopo quei colpi balbettava più marcatamente. 

Altra cosa passata alla storia fu la partita di Athos “senza calze”. Athos era un uomo sulla quarantina che giocava nella mia squadra, un ragazzone fisicamente potente ma con una vita poco ordinata, divorziato, aveva un’officina dove faceva infissi ma era più semplice trovarlo al bar.

Quel giorno si era presentato a giocare con un sacchetto di plastica e aveva la roba buttata alla rinfusa dentro, ma non aveva portato le calze, così decise di giocare senza. A metà del primo tempo chiese di uscire e non rientrò più, aveva i piedi come quelli di un penitente che va scalzo sul percorso di Santiago, distrutti, giuro non è fantasia ma tutto è successo davvero.

Un capitolo assolutamente interessante riguarda gli arbitri di questi tornei, dei pazzi votati al martirio che non hanno più nulla da chiedere alla vita, oppure dei poveri disgraziati che dopo giorni di opera di convincimento e sfiniti dalle richieste cedono dopo aver strappato rassicurazioni sulla loro incolumità fisica, che però nessuno realmente poteva garantire.

Solitamente in quelle partite il metro di giudizio poteva essere mutevole, a seconda di come si mettevano le cose in campo il giudice di gara si comportava di conseguenza, si cominciava con le regole del calcio ma poi… bisognava essere bravi a interpretare il momento, valutare che aria tirava e capire da dove arrivavano i rischi più grandi.

Fin dal primo fischio le lamentele andavano in crescendo e gli atteggiamenti ostili si moltiplicavano. Dopo pochi minuti al povero cristo convinto ad arbitrare era chiaro che era solo, in grave pericolo e con poche vie di fuga.

Ad un certo punto, fallacci da rigore in piena area venivano ignorati e calcioni da paura venivano spiegati al grido di “Involontario”!!!

Purtroppo l’obiettivo per questi martiri era terminare la partita rischiando il meno possibile e cercando di mantenere la possibilità, nei giorni seguenti, di girare liberi per il quartiere ed entrare al bar senza dover ridiscutere certe decisioni prese sul campo.

Ricordo una volta di aver assistito ad una scena assurda…

…alla quinta puntata….

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *