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La partita di calci(o) “Undicesima puntata” – Trofei nascosti

(Foto di Med Ahabchane da Pixabay)

Tutti i tornei e i campionati di cui ho scritto in queste puntate hanno un dopo, una premiazione, la consegna di coppe e medaglie, il miglior giocatore, il bomber o il miglior portiere e tutti questi cimeli vivono una settimana in bella mostra, poi piano piano si ritirano e cominciano a fare parte dell’arredamento di bar, trattorie o ristoranti di paese.

Vi è mai capitato di entrare in locali di periferia o di piccoli centri e casualmente, alzando lo sguardo, scorgere foto a colori sbiaditi di squadre di calcio?

Vecchie, ingiallite, con giocatori poco atletici e con la scritta “Torneo dei bar 1988” e magari con l’aggiunta “Campioni”.

Probabilmente vi è successo e non ci avete fatto troppo caso, ma dietro quella foto c’è la storia di un’estate in cui quel gruppo di uomini e ragazzi ha condiviso lo spogliatoio e la fatica del campo, la storia degli avventori del bar che la sera andavano a vedersi le partite dopo una roulette infernale di “bianchetti” e “camparini”, poi urla e battute a voce alta.

Fate bene attenzione che nei baretti si trovano i migliori “battutisti” del mondo, uomini che sanno fotografare un istante con poche parole ben mirate e far ridere fuori e dentro il campo a crepapelle, battute che durano un attimo, saettanti che “beccano” un momento, istantanee perché valgono solo in quel preciso istante, legate ad un movimento o ad una azione, ad una frase mal esposta detta durante la concitazione della partita, tutto si trasforma in un cabaret a cielo aperto, assolutamente fantastico.

Alcune puntate fa vi ho raccontato di quel portiere siciliano che non parlava molto l’italiano, mescolava il dialetto alla lingua nazionale e in più parlava in modo frenetico con il risultato di essere incomprensibile, solo due suoi compagni di squadra riuscivano ad interagire con lui e quando parlavano il dialogo era davvero surreale.

Era stato soprannominato Gheddafi e in quel soprannome c‘era tutta la leggerezza o la pesantezza della vita da bar, dipende tutto da come si vivono certe situazioni. Ricordo che in un torneo alcuni ragazzi, quando Gheddafi urlava qualcosa ai compagni, avevano preso il via a sottolineare il momento con un “Eeeeeeehhhh”?” Come dire: cos’hai detto? Da lì si innescavano dei siparietti che diventavano una comica continua, Gheddafi rispondeva a loro in modo incomprensibile ma si distinguevano le parole, improperi vari, e da fuori ribadivano con un “Eeeeehhhh” ancora più marcato, un paio di volte ci furono anche strascichi alla fine, Gheddafi era fumino, cose che potevano succedere.

Ricordo che anche mio padre durante un torneo venne soprannominato “il messicano” per via di un paio di baffoni enormi, quante risate che mi feci quel giorno, lui era in panchina come accompagnatore, la palla uscì e andò a fermarsi vicino a lui che invece non si era accorto di nulla, uno da fuori gridò “Svegliate il messicano, sta facendo la siesta!!”

Stavo per soffocare dalle risate, anche lui a dire il vero….

Tornando ai trofei a volte si possono vedere anche delle coppe, magari finite in alto sopra scaffali o sopra il bancone del bar, in un angolo impolverate, nella targhetta incollata sotto sul supporto di falso marmo si possono leggere incisioni tipo “2° Torneo delle Vie 1987 – 1° classificata” e anche dietro a quel cimelio dimenticato quante storie, quanti ricordi sbiaditi, magari nel bar c’è ancora qualcuno che l’ha visto quel torneo o che l’ha giocato, qualcuno magari dopo tanti anni non c’è più…mi mette sempre una certa curiosità scorgere quei trofei della memoria.

Credo che svolgano un lavoro preciso, sono segni che impediscono di dimenticare ciò che è stato prima, quando i tornei di calcio si giocavano davvero, su campi duri e polverosi, da ragazzi entusiasti con le scarpette con tacchetti ai piedi e senza joystick di PlayStation in mano.

Tutto si va perdendo di quel calcio di strada, restano ricordi e segnali sparsi qua e là, un colpo al cuore per noi che l’abbiamo vissuto e pagheremmo di tasca nostra per poter rivivere una sola partita di quelle giocate, un’ultima grande finale.

Grazie a tutti per aver seguito questo mio viaggio nei ricordi e non scordiamoci mai che il calcio è di tutti e non solo di chi può pagare.

Il Calcio è della GENTE, il Calcio è di TUTTI, il Calcio è MEMORIA

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